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Comunicato stampa: Iva o accise, sempre gli autoveicoli “cornuti e mazziati”

Roma, 27 settembre 2013 – “La bozza del Decreto Legge licenziata oggi suona per Federauto come una beffa dopo gli innumerevoli danni subiti dalla filiera ad opera degli ultimi governi. La batosta per l’auto è infatti doppia: l’Iva sarà comunque aumentata a gennaio e, per procrastinare di pochi mesi l’evento, si è pensato tanto per cambiare di aumentare sin da subito le accise sui carburanti. E tutto questo a fronte di una perdita del mercato delle immatricolazioni che ad oggi sfiora il -17% rispetto agli stessi giorni lavorativi di settembre del 2012”. Lo ha detto oggi Filippo Pavan Bernacchi il presidente di Federauto, che rappresenta i concessionari di auto, veicoli commerciali, camion e autobus di tutti i brand commercializzati in Italia. 

L’Osservatorio Federauto, rivelatosi nel tempo molto affidabile, indica infatti ad oggi un’ulteriore perdita a doppia cifra rispetto al progressivo di settembre 2012, al netto delle kmzero che saranno presumibilmente conteggiate negli ultimi giorni del mese e che potrebbero alterare molto il dato finale.

“Sull’Iva – ha proseguito Pavan Bernacchi – ci sentiamo ‘cornuti e mazziati’.Per scongiurarne l’aumento si interviene ancora sulle accise dei carburanti mettendo le mani in tasca agli automobilisti, alle aziende, alle famiglie. Poiché il trasporto su gomma in Italia la fa da padrone, per effetto degli aumenti delle spese di trasporto, aumenteranno anche tutti i prezzi dei beni. Da gennaio poi aumenterà l’Iva che si applica anche ai carburanti, in un giro vizioso che farà aumentare ancora le merci, con l’effetto di aver distrutto centinaia di migliaia di posti di lavoro e di togliere speranza a chi è in cassa integrazione. A questo punto – ha concluso il presidente di Federauto – sarebbe stato meglio aumentare l’Iva subito. Avremmo dovuto scontare un solo aumento anziché due. L’effetto sarà sempre il solito: una contrazione dei consumi che costringerà lo Stato a varare nuove tasse finché il sistema non collasserà, non essendo più in grado l’economia privata di mantenere la spesa pubblica”.

 

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